martedì 24 novembre 2015

Barbacarlo. Suggestioni di un pomeriggio autunnale

"Pronto?"
"Barbacarlo? Signor Maga?"
"Sì..."
"Sì, buongiorno, mi chiamo Vanessa Gabelli, la sto chiamando dalla Toscana, sono un sommelier, un ristoratore, in realtà sono soprattutto un'appassionata di vino e dato che domani sarò dalle sue parti, mi chiedevo, ecco, io mi domandavo se... se a lei facesse piacere e fosse così gentile... perché insomma per me sarebbe un onore conoscerla e poter acquistare qualcuna delle sue bottiglie... e in effetti, mi chiedevo se posso venire a trovarla perché sarebbe una bella occasione e anche un'opportunità e..."
"Sì, va bene."
"Va bene??!? Davvero va bene??! La ringrazio sa, grazie, grazie davvero! allora ci vediamo domani pomeriggio, dovrei arrivare intorno alle 16:00 forse 16:30.... L'indirizzo é questo qui che leggo sulla Guida? via Mazzini a Broni? Ce la trovo a quell'ora?...."
"Sì. Arrivederci."
Clic.
Comincia così. Con la mia logorrea inarrestabile contrapposta al suo dialogare misurato.
Io sono io, cioè nessuno.
Lui è Lino Maga, una leggenda del vino.
Broni è bagnata "quel giorno" da una pioggia insistente e tenace, avvolta da un grigiore nebbioso che satura l'aria.
Parcheggio l'auto neanche troppo vicino e come al solito sono senza ombrello.
La via è quella giusta, il numero civico pure, una vecchia insegna sbiadita inquadra la scritta Barbacarlo. Dietro ai vetri del punto vendita si intravedono bottiglie, tante bottiglie.
L'ora è quella stabilita. Io ci sono, ma lui non c'è.
All'interno tutto è silente, tutto è buio. Si sta facendo buio anche fuori.
Riprendo il telefono in mano e "Sí, pronto Signor Maga? Sono Vanessa Gabelli, si ricorda...l'ho chiamata ieri, sono qua fuori, davanti all'entrata, ma è tutto spento, non c'è nessuno... Forse ho sbagliato... Forse..."
"Le apro."
Pochi secondi e si accendono le lampadine gialle di un vecchio lampadario polveroso all'interno. Sembra tutto un po' impolverato in effetti...
"Prego, si accomodi" eccolo qua, con una sigaretta tra le dita.
"Mi scusi sa, ero in ufficio, sommerso dalla carte. Mi uccideranno le carte, mica queste" e tira sú la mano indicando la sigaretta.
Quello che ricordo del paio di ore successive all'apertura di quella porta è una storia dai contorni sfumati. Forse avrei dovuto registrare la conversazione nata da questo incontro fortunato, come tanti hanno fatto prima di me. Gente seria, preparata. Giornalisti. Professionisti del settore.
Io sono arrivata qui disorganizzata come sempre, neanche troppo informata sui vini e sul personaggio, avendo letto qualcosa certo, ma senza approfondire troppo, animata dalla  convinzione che la cosa più bella di questi eventi sia proprio la sorpresa che nasce dall'incognita priva di preconcetti.
Lino Maga è un uomo ottuagenario, un uomo pieno di silenzi, di sospensioni, circondato dal fumo delle sue MS, capace di una gestualità garbata che la penombra dell'ambiente inquadra in una scenografia quasi amarcord.
Mi parla delle peripezie legali affrontate nel corso di decenni per difendere la sua creatura, il suo Barbacarlo e di come ne sia uscito trionfante, lui semplice contadino (come ama definire se stesso) difronte a ciclopici enti e fondazioni.
Parla degli uomini importanti che hanno tanto amato il suo vino, politici, critici enogastronomici, personalità influenti sotto ogni punto di vista e me li indica nelle fotografie ingiallite. Lo fa con umiltà e incuranza, ma io mi faccio sempre più piccola sulla sedia.
È il suo un monologo teatrale intriso di garbo e di fumo, nel quale entrano spesso in scena i suoi vini, che assaggio di diverse annate senza un ordine apparente - sicuramente non quello che avrei dovuto adottare a rigor di degustazione- ma semplicemente perché quegli anni saltan fuori in maniera anarchica come i suoi ricordi.
“Assaggi questo. A me mi piace, mi pare di averlo fatto bene.
Quello dell’anno successivo mica tanto, ma io sono onesto, l’ho scritto in etichetta che quello non è adatto ad essere invecchiato… Del resto mica si può pretendere che i vini vengano bene sempre. Che vengano uguali. La natura è mutevole, come può non esserlo un vino”.
E avanti e indietro da un anno ad un altro, in un bizzarro saltatempo, in una decina, per lo meno, di assaggi di cui, ovviamente non ho neanche scritto un appunto di degustazione, perché oggi è andata così, oggi non sono un sommelier, sono una donna che ascolta un vecchio.
Magari un giorno tornerò in questa terra e farò le cose per bene, come si deve, ma oggi mi faccio sorprendere, mi faccio conquistare da questa vita asmatica. Mi viene da guardare quelle sue mani da viticoltore e mentre lui parla e tace, la mia testa è già altrove.
“Il bosco si era fatto troppo avanti.
Era inspiegabile come avanzasse tenacemente di anno in anno, uno tsunami di sterpaglie e rovi e intrichi e fogliame e vita verde che non si arrestava, arrestando invece il ciclo vitale delle vigne, che pian pian cedevano il passo a quel mostro vegetale aggrovigliato.
A ben pensarci, lavorare su quei pendii era diventato piuttosto complicato alla sua età e anche i mezzi, e le motivazioni per arrestare l’onda, erano a quel punto entrambi un po’ malconci.
Non che fosse vecchio, neanche si potesse misurare l’età con una questione puramente anagrafica, diciamo piuttosto che era avanzato.
Aveva fatto qualche passo, avanzando per tanto tempo in quella sua vita semplice da contadino dell’Oltrepò, ma che questo significasse esser vecchi era tutto da vedersi.
Pensò che c’era anche da risolvere la questione della Jeep del figlio, rubata e poi ritrovata con la tappezzeria intrisa di gasolio, probabile bottino di un furto mirato, dove quei figli di una donnina poco perbene, avevano oltretutto lasciato alcuni bossoli di arma da fuoco.
A nulla erano valse le spiegazioni e le giustificazioni che non fossero cose appartenenti al figlio.
I carabinieri avevano provveduto al sequestro dell’auto e all’emissione della multa per abbandono di munizioni. Così va la vita.
Non che la perdita, seppure temporanea, di quella carretta sgangherata e inaffidabile fosse poi così drammatica, ma c’era pur da muoversi a piedi per quei terreni ingrati ai reumatismi facendo attenzione a che il buio autunnale non fosse più rapido a venire, delle sue gambe.
Si accese un’altra sigaretta e guardando quelle vigne pensò a quanto fosse stato matto ad aver trascorso buona parte della sua vita a difenderle. Ripensò a tutti i soldi spesi per intraprendere battaglie legali degne di una campagna militare napoleonica. E alle vittorie, le sue.
Perché c’era qualcosa di profondamente giusto lungo le linee di quei filari, una giustizia chiamata dalla terra e sarebbe stata una gran puttanata non prestare ascolto a quel richiamo.”*

Vanessa Gabelli

*ogni riferimento a fatti riportati nel brano corsivo è frutto di pura fantasia

mercoledì 18 novembre 2015

Danze Della Contessa - Azienda Agricola Vitivinicola Bonsegna

Azienda:           Azienda Agricola Vitivinicola Bonsegna
Vino:                Danze Della Contesa Nardò Doc - Barricato
Vitigni:             Negroamaro 
                         con piccole quantità di Malvasia Nera di Lecce
Anno:                2012
Gradi:                14°
Fermentazione:  Con lieti selezionati
Affinamento:     Sei mesi in barriques 

E’ proprio vero, la nostra meravigliosa Penisola, non smette mai di stupirci. Tradizioni, culture e sapori sono gelosamente custodite da generazioni, regalandoci ogni volta stupende ed inattese sorprese. La Puglia non è sicuramente da meno dove cucina e vino sono protagonisti da secoli. Stiamo parlando della patria del Negroamaro, del Primitivo, dell’Uva di Troia, del Bombino Nero e Bianco, dell’ Aleatico, del Moscato Bianco, della Malvasia Nera di Brindisi e di Lecce e di tanti altri vitigni che danno vita, in questa terra baciata dal sole, a vini dal carattere deciso, corposi e dagli intensi profumi. Chiamata la Cantina d’Italia, la Puglia ha saputo in questi anni rinnovarsi grazie anche al grandissimo lavoro fatto dai produttori che, capendo il potenziale del proprio territorio e dei propri vitigni, hanno decisamente virato verso una produzione vinicola di qualità che finalmente sta dando i propri frutti, meritando la giusta e doverosa attenzione sul palcoscenico Italiano. Con il “nostro” Danze Della Contessa scendiamo a Nardò in provincia di Lecce dove l’Azienda Agricola Vitivinicola Bonsegna produce i suoi vini da cinquanta anni disponendo di quindici ettari vitati nelle contrade Cenate Vecchie, Nucci, Carignano e Speranza, dell'agro di Nardò, nelle quali, notoriamente, si producono uve (e vini) di ottima qualità. Azienda che ha saputo fare del Negroamaro, della Malvasia Nera di Lecce e del Primitivo i propri cavalli di battaglia, producendo vini di ottimo livello, valorizzando egregiamente il terroir di provenienza. Interessante notare, proprio nella zona di Nardò, una cospicua ed abbondante produzione del vitigno Garganega, non proprio tipico di queste parti, dove Moscato e Malvasia Bianca, completano la gamma delle uve coltivate. Proprio dalla potenza del Negroamaro nasce questo Danze Della Contessa, vino che è frutto di un'accurata selezione di uve sane e mature vendemmiate nella seconda decade di Settembre, provenienti da un vigneto di oltre trent'anni che produce non più di 80 quintali per ettaro. Inutile sottolineare che la vicinanza del mare e la struttura del terreno conferiscono a questa bottiglia di vino caratteristiche uniche rintracciabili solo nella DOC Nardò.
Di colore rosso rubino intenso, già dalle prime “olfazioni” è chiaro di trovarsi davanti ad un vino che non smetterà di stupirci fino a fine degustazione. Frutta rossa di buona maturazione, vegetale secco e mineralità sono le caratteristiche principali di questo vino. A completare però questa complessa gamma olfattiva, troviamo tutto quel terziario sicuramente dato dai sei mesi di barriques dove spezie, liquirizia e note di caffè sono eleganti e ben percettibili. Per i nasi più attenti non sarà difficile cogliere qualche nota di balsamico come il mentolato. In bocca il vino avvolge egregiamente il palato. Di buona struttura generale, questo Negroamaro con piccole quantità di Malvasia Nera di Lecce si presenta morbido e rotondo degnamente bilanciato da acidità, sapidità, e dalla nota tannica che di fatto rendono il vino equilibrato. In retro-olfattiva, torna prepotentemente la nota speziata. Pepe nero, cannella, ma anche chiodi di garofano, liquirizia, caffè, cioccolato e cuoio a sottolineare di come il passaggio in legno abbia reso questo vino un vero capolavoro, naturalmente per gli amanti di questo stile di produzione dove la barriques è stata “usata” con cognizione di causa.
Qui non vedo dubbi con quali pietanze accompagnare le Danze Della Contessa. Se servirete questa bottiglia di vino ad una temperatura di 18/20° non potranno mancare sulla vostra tavola grandi piatti a base di carni rosse, oppure di formaggi dalla lunga stagionatura. Qualunque sia il cibo con cui delizierete la vostra serata, scoprirete il sapore ed il calore della terra Pugliese.

Filippo Franchini

mercoledì 11 novembre 2015

"30 Denari" Bonarda Oltrepò Pavese Doc - Az. Agr. Brandolini Pietro

Azienda:            Azienda Agricola Brandolini Pietro
Vino:                 30 Denari – Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc
Vitigni:              Croatina 100%
Anno:                2012
Gradi:                13,5°
Fermentazione: Fermentato con lieviti selvaggi. Macerazione sulle bucce per almeno 8 giorni
Affinamento:   12 mesi in una botte costruita nel 1931 con legni di mandorlo e pesco ed in barriques di rovere francese

Se l’Oltrepò Pavese con i suoi vini spumanti metodo classico, è uno tra i poli più importanti per la bollicina Italiana, non sono certo da meno i suoi vini fermi, dove tradizione ed amore per la terra, rispecchiano fedelmente il terroir di appartenenza. Vicino ai classici vitigni per la spumantizzazione che hanno reso famosa questa parte di penisola, Croatina, Barbera, Riesling e tanti altri, hanno dato origine a tutta una serie di vini fermi di primissima qualità e di grande carattere. Ci troviamo a San Damiano al Colle in Provincia di Pavia, dove l’Azienda Agricola Brandolini Pietro coltiva le proprie uve e produce i propri vini con metodi tradizionali per avere un prodotto naturale e sincero, invecchiando le annate migliori in piccole botti di legno. E’ proprio questo stile inconfondibile a rendere i vini di questa zona nettamente riconoscibili, tramandando l’amore e la passione per questo lavoro, a chi oggi dirige l’azienda, con la consapevolezza di avere ereditato da nonno Pietro un qualcosa di veramente unico.
Unico come il vino che ho avuto la possibilità di degustare allo scorso Wine&Food Style di Cernobbio (CO) catturando la mia attenzione per lo strano nome, 30 Denari. Parlando con Riccardo, uno dei titolari dell’azienda insieme alla Sig.ra Vittorina la quale mi ha consigliato di degustare questo vino accompagnandolo con uno spiedino di frutta fresca (sono davvero curioso di fare questa curiosissima prova) ho scoperto la strana provenienza di questo nome. Lascio alle sue parole descrivere il perché dei 30 Denari.
Per tradizione vinifichiamo il Bonarda nella variante FERMA. Questo tipo di vinificazione è frutto della lavorazione artigianale che vogliamo mantenere per i nostri vini. Tuttavia, a volte, la natura 'tradisce' questa tradizione, dando un vino leggermente mosso che per questo prende il nome di '30 Denari'…. “
Di colore rosso granato intenso, questa Croatina in purezza, accarezza delicatamente il naso con sentori netti di bacche rosse selvatiche del sottobosco, intrigante tostatura,  accompagnata da tutta una serie di profumi terziari (cuoio, pelle e liquirizia tanto per intenderci) rendendo molto complesso il bouquet.  Di ottima struttura generale, il 30 Denari si fa sicuramente apprezzare per il suo gusto morbido, pieno e rotondo che di fatto avvolge tutto il cavo orale, non disprezzando di una buona sapidità e netta spalla acida rendendo il vino sicuramente bilanciato e ben equilibrato. E’ un vino davvero lungo, persistente, di grande spessore, e tutte queste qualità sono sottolineate nella retro-olfattiva dove le note di speziatura dolce, liquirizia e cioccolato (sono presenti anche eleganti note di caffè) concludono la degustazione di questo accattivante vino.
Terra che vai usanze che trovi. Non state tanto a pensarci con quali piatti abbinereste questo vino. E’ speciale con tutti i classici piatti della cucina dell’Oltrepò Pavese, con la selvaggina e con carni rosse di media cottura. Servitelo ad una temperatura di servizio di 18°C e godetevi tutto il sapore di una terra antica dalle mille tradizioni.

Filippo Franchini