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lunedì 29 febbraio 2016

Il Molise e la Tintilia alla conquista di Roma

Con i suoi trecentododici mila abitanti (pochi di più per la verità), il Molise vanta due particolarità: essere la seconda regione più piccola d’Italia dopo la Valle d’Aosta, avendo però il primato di essere la comunità amministrativa più giovane del Paese. Terra poco conosciuta ma dalla grandi potenzialità dove, olio, tartufo e formaggio, insieme al vino, sono le produzioni più importanti con eccellenze di primissima qualità. Ghiotta occasione per degustare, apprezzare e conoscere tutto questo è stata la manifestazione “Il Molise a Roma”, svoltasi lo scorso 28 Febbraio a Villa Rinaldo all’Acquedotto, dove questa Regione ha potuto mostrare davvero il meglio di se. Si sono confrontati produttori di olio, tartufi, formaggi e naturalmente di vino, produzione questa che negli ultimi anni sta avendo un notevole successo grazie anche alla riscoperta ed alla cura del suo vitigno principe: la Tintilia. Regione prevalentemente montuosa, costituita da rocce mioceniche, cretaciche e giurassiche, cui si è sovrapposta una formazione calcarea e di ciottoli che di fatto formano la tipologia del terreno. Nella zona pianeggiante invece, il terreno è costituito da argilla e sabbia soprattutto nelle zone che costeggiano i due fiumi, il Biferno e il Trigno. Nella zona pianeggiante di Larino invece la composizione del territorio è principalmente costituita di calcare bianco. Clima semicontinentale con primavere, nelle stagioni normali, molto piovose.
Se all’inizio del secolo, fino alla fine degli anni sessanta, la produzione vitivinicola Molisana era destinata soprattutto ad uso familiare (autoconsumo) con poca attenzione verso la qualità, il cambio di rotta è diventato inevitabile quando si sono realmente capite le importanti potenzialità che vitigni e territorio potevano esprimere. Parliamo di un territorio dove l’ 80% della produzione è costituito da vini con base a bacca rossa ed il restante, naturalmente, a bacca bianca. Vicino a vitigni come il Montepulciano, l’ Aglianico, il Merlot, il Cabernet Sauvignon ed altri, senza dubbio riveste un ruolo di prim’ordine la Tintilia, vero vitigno autoctono della regione. Per quanto riguarda invece i vitigni a bacca bianca, trovano ottime espressioni la Falangina, la Malvasia ed il Trebbiano che però sono in netta minoranza rispetto ai vitigni a bacca rossa.

Come detto, la Tintilia è la regina del Molise, autoctono della regione, si pensava fosse un parente stretto del Bovale grosso Sardo, ma gli studi del dna hanno sancito che non esiste nessuna parentela tra i due vitigni. Dal grappolo piccolo e spargolo con acino dalla buccia mediamente spessa, molto pruinosa, di colore blu-nero ricca di antociani, ha rese molto basse che si aggirano intorno ai 35/40 quintali per ettaro. A dire il vero il disciplinare della Tintilia del Molise D.O.C.  permetterebbe rese maggiori ma i produttori, attenti ad una produzione di qualità, preferiscono restare molto al di sotto delle rese consentite. Le caratteristiche di questo vitigno sono molto particolari come particolari sono i suoi sentori. Piccoli frutti del sottobosco, floreale, note di speziatura dolce, tostatura, cuoio e pellame, formano sovente il bouquet olfattivo dei vini prodotti con questo vitigno (il disciplinare ne consente un minino del 95%, praticamente in purezza), anche se molti produttori dichiarano di affinare il proprio prodotto solamente in acciaio. Alcolicità, acidità, tannicità e sapidità (quest’ultima a seconda della zona di produzione) sono le altre caratteristiche dei vini prodotti con questo vitigno. Vino che naturalmente si presta moto bene all’invecchiamento dove tannicità, alcolicità, corpo e acidità garantiscono lunga vita ad ogni bottiglia. Anche il colore ha le sue particolarità. Da giovane i vini a base di questo vitigno si presentano tutti di un coloro rosso rubino intenso, molto scuro quasi impenetrabile, che con il passare degli anni vira a tonalità più decisamente granate. 
Ho potuto verificare quanto sopra scritto partecipando ad un bellissimo seminario proprio sulla Tintilia del Molise curato e presentato dalla docente nazionale ONAV Sig.ra Carla Iorio che con capacità ha saputo condurci attraverso il territorio del Molise e nelle zone di eccellenza di produzione della Tintilia. Di seguito i vini degustati in rigoroso ordine di servizio.

1) Collequinto Anno 2015 - Gradi 13,5° - Cantina Claudio Cipressi
2) Lagena Anno 2014 - Gradi 13,5° - Cantina Angelo D’Uva
3) Re Bove Anno 2012- Gradi 14° - Cantina Cieri
4) Opalia Anno 2010 - Gradi 14° - Cantina Campi Valerio
5) Tintilia del Molise Anno 2012 – Gradi 14,5° - Cantina Catabbo
6) Sator Anno 2012 - Gradi 14,5° - Cantina Cianfagna  
7) Rutilia Anno 2011 - Gradi 14° - Cantina Salvatore Pasquale
8) Uva Nera Anno 2009 - Gradi 14 – La Cantina di Remo

Permettetemi di segnalare fuori degustazione un vino che mi ha davvero colpito per eleganza, finezza, potenza e complessità olfattiva. La Cantina è quella del Sig. Claudio Cipressi il quale mi ha fatto degustare il “suo” Macchia Rossa del 2011, Tintilia in purezza con gradazione alcolica di 14,5° invecchiata solo e soltanto in acciaio. Alla mia domanda perché avesse fatto la scelta di non usare legno per l’invecchiamento di questo vino, la sua risposta testuale è stata la seguente: “io devo farti sentire, conoscere la vera espressione della Tintilia senza camuffarla con niente. Se non facessi questo tradirei la mia terra…”

Franchini Filippo










mercoledì 18 novembre 2015

Danze Della Contessa - Azienda Agricola Vitivinicola Bonsegna

Azienda:           Azienda Agricola Vitivinicola Bonsegna
Vino:                Danze Della Contesa Nardò Doc - Barricato
Vitigni:             Negroamaro 
                         con piccole quantità di Malvasia Nera di Lecce
Anno:                2012
Gradi:                14°
Fermentazione:  Con lieti selezionati
Affinamento:     Sei mesi in barriques 

E’ proprio vero, la nostra meravigliosa Penisola, non smette mai di stupirci. Tradizioni, culture e sapori sono gelosamente custodite da generazioni, regalandoci ogni volta stupende ed inattese sorprese. La Puglia non è sicuramente da meno dove cucina e vino sono protagonisti da secoli. Stiamo parlando della patria del Negroamaro, del Primitivo, dell’Uva di Troia, del Bombino Nero e Bianco, dell’ Aleatico, del Moscato Bianco, della Malvasia Nera di Brindisi e di Lecce e di tanti altri vitigni che danno vita, in questa terra baciata dal sole, a vini dal carattere deciso, corposi e dagli intensi profumi. Chiamata la Cantina d’Italia, la Puglia ha saputo in questi anni rinnovarsi grazie anche al grandissimo lavoro fatto dai produttori che, capendo il potenziale del proprio territorio e dei propri vitigni, hanno decisamente virato verso una produzione vinicola di qualità che finalmente sta dando i propri frutti, meritando la giusta e doverosa attenzione sul palcoscenico Italiano. Con il “nostro” Danze Della Contessa scendiamo a Nardò in provincia di Lecce dove l’Azienda Agricola Vitivinicola Bonsegna produce i suoi vini da cinquanta anni disponendo di quindici ettari vitati nelle contrade Cenate Vecchie, Nucci, Carignano e Speranza, dell'agro di Nardò, nelle quali, notoriamente, si producono uve (e vini) di ottima qualità. Azienda che ha saputo fare del Negroamaro, della Malvasia Nera di Lecce e del Primitivo i propri cavalli di battaglia, producendo vini di ottimo livello, valorizzando egregiamente il terroir di provenienza. Interessante notare, proprio nella zona di Nardò, una cospicua ed abbondante produzione del vitigno Garganega, non proprio tipico di queste parti, dove Moscato e Malvasia Bianca, completano la gamma delle uve coltivate. Proprio dalla potenza del Negroamaro nasce questo Danze Della Contessa, vino che è frutto di un'accurata selezione di uve sane e mature vendemmiate nella seconda decade di Settembre, provenienti da un vigneto di oltre trent'anni che produce non più di 80 quintali per ettaro. Inutile sottolineare che la vicinanza del mare e la struttura del terreno conferiscono a questa bottiglia di vino caratteristiche uniche rintracciabili solo nella DOC Nardò.
Di colore rosso rubino intenso, già dalle prime “olfazioni” è chiaro di trovarsi davanti ad un vino che non smetterà di stupirci fino a fine degustazione. Frutta rossa di buona maturazione, vegetale secco e mineralità sono le caratteristiche principali di questo vino. A completare però questa complessa gamma olfattiva, troviamo tutto quel terziario sicuramente dato dai sei mesi di barriques dove spezie, liquirizia e note di caffè sono eleganti e ben percettibili. Per i nasi più attenti non sarà difficile cogliere qualche nota di balsamico come il mentolato. In bocca il vino avvolge egregiamente il palato. Di buona struttura generale, questo Negroamaro con piccole quantità di Malvasia Nera di Lecce si presenta morbido e rotondo degnamente bilanciato da acidità, sapidità, e dalla nota tannica che di fatto rendono il vino equilibrato. In retro-olfattiva, torna prepotentemente la nota speziata. Pepe nero, cannella, ma anche chiodi di garofano, liquirizia, caffè, cioccolato e cuoio a sottolineare di come il passaggio in legno abbia reso questo vino un vero capolavoro, naturalmente per gli amanti di questo stile di produzione dove la barriques è stata “usata” con cognizione di causa.
Qui non vedo dubbi con quali pietanze accompagnare le Danze Della Contessa. Se servirete questa bottiglia di vino ad una temperatura di 18/20° non potranno mancare sulla vostra tavola grandi piatti a base di carni rosse, oppure di formaggi dalla lunga stagionatura. Qualunque sia il cibo con cui delizierete la vostra serata, scoprirete il sapore ed il calore della terra Pugliese.

Filippo Franchini

mercoledì 11 novembre 2015

"30 Denari" Bonarda Oltrepò Pavese Doc - Az. Agr. Brandolini Pietro

Azienda:            Azienda Agricola Brandolini Pietro
Vino:                 30 Denari – Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc
Vitigni:              Croatina 100%
Anno:                2012
Gradi:                13,5°
Fermentazione: Fermentato con lieviti selvaggi. Macerazione sulle bucce per almeno 8 giorni
Affinamento:   12 mesi in una botte costruita nel 1931 con legni di mandorlo e pesco ed in barriques di rovere francese

Se l’Oltrepò Pavese con i suoi vini spumanti metodo classico, è uno tra i poli più importanti per la bollicina Italiana, non sono certo da meno i suoi vini fermi, dove tradizione ed amore per la terra, rispecchiano fedelmente il terroir di appartenenza. Vicino ai classici vitigni per la spumantizzazione che hanno reso famosa questa parte di penisola, Croatina, Barbera, Riesling e tanti altri, hanno dato origine a tutta una serie di vini fermi di primissima qualità e di grande carattere. Ci troviamo a San Damiano al Colle in Provincia di Pavia, dove l’Azienda Agricola Brandolini Pietro coltiva le proprie uve e produce i propri vini con metodi tradizionali per avere un prodotto naturale e sincero, invecchiando le annate migliori in piccole botti di legno. E’ proprio questo stile inconfondibile a rendere i vini di questa zona nettamente riconoscibili, tramandando l’amore e la passione per questo lavoro, a chi oggi dirige l’azienda, con la consapevolezza di avere ereditato da nonno Pietro un qualcosa di veramente unico.
Unico come il vino che ho avuto la possibilità di degustare allo scorso Wine&Food Style di Cernobbio (CO) catturando la mia attenzione per lo strano nome, 30 Denari. Parlando con Riccardo, uno dei titolari dell’azienda insieme alla Sig.ra Vittorina la quale mi ha consigliato di degustare questo vino accompagnandolo con uno spiedino di frutta fresca (sono davvero curioso di fare questa curiosissima prova) ho scoperto la strana provenienza di questo nome. Lascio alle sue parole descrivere il perché dei 30 Denari.
Per tradizione vinifichiamo il Bonarda nella variante FERMA. Questo tipo di vinificazione è frutto della lavorazione artigianale che vogliamo mantenere per i nostri vini. Tuttavia, a volte, la natura 'tradisce' questa tradizione, dando un vino leggermente mosso che per questo prende il nome di '30 Denari'…. “
Di colore rosso granato intenso, questa Croatina in purezza, accarezza delicatamente il naso con sentori netti di bacche rosse selvatiche del sottobosco, intrigante tostatura,  accompagnata da tutta una serie di profumi terziari (cuoio, pelle e liquirizia tanto per intenderci) rendendo molto complesso il bouquet.  Di ottima struttura generale, il 30 Denari si fa sicuramente apprezzare per il suo gusto morbido, pieno e rotondo che di fatto avvolge tutto il cavo orale, non disprezzando di una buona sapidità e netta spalla acida rendendo il vino sicuramente bilanciato e ben equilibrato. E’ un vino davvero lungo, persistente, di grande spessore, e tutte queste qualità sono sottolineate nella retro-olfattiva dove le note di speziatura dolce, liquirizia e cioccolato (sono presenti anche eleganti note di caffè) concludono la degustazione di questo accattivante vino.
Terra che vai usanze che trovi. Non state tanto a pensarci con quali piatti abbinereste questo vino. E’ speciale con tutti i classici piatti della cucina dell’Oltrepò Pavese, con la selvaggina e con carni rosse di media cottura. Servitelo ad una temperatura di servizio di 18°C e godetevi tutto il sapore di una terra antica dalle mille tradizioni.

Filippo Franchini

martedì 27 ottobre 2015

Gran Cru "Lo Scordato" Igp - Casale Cento Corvi

Azienda:                      Casale Cento Corvi
Vino:                           Gran Cru “Lo Scordato” IGP
Vitigni:                        Trebbiano 100%
Anno:                          2013
Gradi:                          12,5°
Fermentazione:            Barriques di 1° passaggio in cella frigo
Affinamento:        12 mesi in barriques ed almeno un mese in bottiglia prima della commercializzazione

La prima curiosità che mi ha destato questo vino è stato il nome, Scordato! Sembrava quasi che il produttore, dimenticatosi di questa bottiglia in qualche anfratto della cantina, avesse ritrovato un prezioso nettare. Non so se le cose siano andate precisamente così, ma per quanto riguarda il prezioso nettare non ho assolutamente dubbi!
Ci troviamo nel Lazio, più precisamente nella zona di Cerveteri (Roma) dove l’azienda Casale Cento Corvi, produce i suoi vini. Azienda giovane, dinamica molto attenta agli standard qualitativi, coltiva i propri vigneti in un microclima molto particolare. Se da un lato le colline rappresentano una vera barriera contro il freddo ed il vento, la vicinanza del mare offre la possibilità di un clima mite e particolarmente adatto alla coltivazione dell’uva. Gli stessi Etruschi individuarono questa zona come una delle migliori per la produzione di vino con numerosi reperti a testimonianza di questa antica attività. Non da meno è la conformazione del terreno. Molto sciolto con alto contenuto di scheletro e di calcare attivo che di fatto caratterizza tutti i vini prodotti dall’azienda dando una precisa impronta ad ogni bottiglia, legata a doppio filo con il territorio di appartenenza.  Tra la gamma di vini prodotta dall’azienda Casale Cento Corvi (da non dimenticare il Ghiacchè rosso e passito ottenuto da uve Giacchè in purezza) una nota di merito va sicuramente al Gran Cru “Lo Scordato” ottenuto da sole uve Trebbiano con un procedimento assai particolare conferendo a questa bottiglia di vino una carta d’identità unica nel suo genere. La curata selezione delle uve raccolte nel momento migliore per la vendemmia (vedi foto), la fermentazione in barriques, il riposo sulle fecce fini “mescolato” di tanto in tanto attraverso betonnage ed infine affinato per un anno ancora in barriques, conferiscono al vino note particolari, che fanno di questo prodotto una vera sorpresa.

Di colore giallo dorato intenso, questo Trebbiano in purezza stupisce per una gamma olfattiva fine ed elegante. Tanti profumi si liberano nel bicchiere a testimonianza che siamo di fronte ad un vino davvero complesso. La nota fruttata (ananas, banana, frutta tropicale in genere) è quella che per prima arriva al naso, lasciando poi il posto a profumi agrumati (specialmente la buccia di arancia essiccata), spiccata mineralità, mandorla tostata, camomilla ed un delicatissimo profumo di miele che chiude elegantemente il bouquet olfattivo. Se al naso è già una bella rivelazione, lo Scordato si fa degnamente apprezzare anche alla fase gustativa. Di buona struttura generale anche se volutamente non troppo alcolico, bilancia ottimamente le sue parti. Se da un lato morbidezza ed avvolgenza, farebbero pensare ad un vino troppo segnato dal passaggio in legno, spiccata spalla acida ed una sapidità che in certi casi sfiora il “saporito”,  rendono questo vino piacevolmente equilibrato, lasciando una bocca fresca e ben bilanciata, invitando anche il più esigente degustatore a berne un altro bicchiere. La chiusura leggermente amarognola che di fatto smorza la piacevolissima morbidezza, completa questa fase degustativa.
In retro-Olfattiva tornano nette le delicate ed accattivanti note di camomilla e miele e cosa più curiosa, tutto il sapore del mare rimane sulle labbra ormai asciutte segno di una sapidità netta e ben distinguibile.
Come abbinare questo Trebbiano in purezza sicuramente di grande interesse? Devo ammettere di averci pensato un po’ e dopo essermi confrontato con Costantino, Responsabile di Produzione dell’Azienda Casale Cento Corvi, abbiamo convenuto che per la tipologia del vino siano necessari piatti molto elaborati a base di crostacei oppure piatti a base di carni bianche evitando rigorosamente ogni salsa o condimento a base di pomodoro. Servitelo ad una temperatura di servizio di 10°C e godetevi la bontà del territorio Cerite.

Filippo Franchini

giovedì 17 settembre 2015

Torbato Alghero Doc - Sella & Mosca

Azienda:                     Sella & Mosca
Vino:                          Torbato Alghero Doc
Vitigni:                       Torbato 100%
Anno:                         2014
Gradi:                         11,5°
Fermentazione:           Fermentazione a temperatura controllata   
Affinamento:              -

Con le vacanze ormai alle spalle, è tempo di riprendere il nostro viaggio per l’Italia come sempre accompagnati da ottime bottiglie di vino, fedeli compagne di momenti speciali.
Devo l’assaggio di questa bottiglia ad un carissimo amico, che di ritorno dalle vacanze svolte in Sardegna, me ne ha fatto gentile omaggio. Ci troviamo ad Alghero, provincia di Sassari, situata a nord-ovest della Sardegna. Alghero non è solo una famosa località turistica, ma anche terra di vino dove il vitigno Torbato, ha trovato il suo habitat naturale. Introdotto in Sardegna durante la dominazione Spagnola (il Torbato è di origine Iberica, dalla buccia sottile con maturazione tardiva che spesso lo rende fragile sia alle malattie che ai capricci del tempo), si è diffuso velocemente anche in Francia, ma è proprio in Italia che il Torbato ha scritto la propria storia con Alghero degna testimone di questo successo. Lo sviluppo e la produzione di questo vitigno lo si deve all’azienda Sella & Mosca, che negli anni ha saputo sapientemente sfruttare questo territorio esaltando le qualità del Torbato, vitigno poco conosciuto ma di sicuro interesse. Proprio il territorio è sicuramente l’arma vincente. Le viti sono allevate su terreni ricchi di calcare formatesi nei millenni da lente ma inesorabili sedimentazioni marine. Attualmente l’azienda, unica al mondo a vinificare il Torbato in purezza, ne produce in quattro diverse tipologie: Terre Bianche Doc Alghero, Terre Bianche Cuveè 161 Doc Alghero, Torbato Spumante Brut ed infine il Torbato Doc Alghero, quello che ho avuto il piacere di degustare.  
Di colore giallo paglierino chiaro con delicati riflessi verdognoli, intriga già dalle prime olfazioni, definendo profumi sottili e ben distinguibili. Aromi agrumati e floreali sono netti e delicati, dove limone, cedro, e pompelmo sono i primi ad essere ben riconoscibili. Chiude la gamma olfattiva una bella nota minerale, con note lievemente salmastrate sicuramente derivanti dalla vicinanza del mare. Anche la parte gustativa è una piacevole sorpresa. Sicuramente questa bottiglia di Torbato gioca molto sulla freschezza e sull’acidità, ma non vi fate ingannare, nonostante il suo grado alcolico contenuto, ha una discreta persistenza, dal corpo non troppo robusto si lascia degnamente apprezzare per la piacevole bevibilità. La chiusura è leggermente amarognola ricordando molto la mandorla. In retro-olfattiva tornano piacevolmente le note citriche e quelle di “mare”, lasciando davvero un’ accattivante sensazione di freschezza.
Questo Torbato è ottimo come aperitivo, per accompagnare fritti misti di verdure come zucchine e cipolla rossa di Tropea. Ma credetemi, provatelo anche con involtini a base di prosciutto cotto oppure di Mortadella, le caratteristiche del vino accompagneranno elegantemente queste pietanze. Dimenticavo la temperatura di servizio. Servitelo rigorosamente a 8°C e lascatevi conquistare dalla sua freschezza, sarete costretti a berne molti bicchieri!!!!

Filippo Franchini

mercoledì 2 settembre 2015

La Signora del vino calabrese che fa incetta di premi all’estero

«I miei figli? Greco e Magliocco, vitigni autoctoni che ho riscoperto tra le tante varietà ereditate da mio padre.Quando ho iniziato a occuparmi dell’azienda ho selezionato le marze, eseguito delle microvinificazioni e scelto l’uva più ricca di gusto e di profumi, affidandomi solo alle mie sensazioni». Lidia Matera ha scelto bene. I suoi vini prodotti in provincia di Cosenza, da un terroir particolare per posizione geografica, composizione del suolo e clima, da anni ricevono premi e riconoscimenti. L’ultimo, qualche giorno fa: due medaglie di bronzo con i rossi del 2013 Cariglio ((Magliocco dolce, Magliocco canino 100%) e Ipazia (Nerello cappuccio e mascalese 100%) al Decanter World Wine Awards 2015, tra i più importanti concorsi vinicoli a livello mondiale, al quale hanno partecipato 16mila etichette da tutti i continenti.

La saudade dell’agronoma
La Tenuta Terre Nobili è a Montalto Uffugo ed è una delle 60 aziende vitivinicole della provincia cosentina, tutte di alta gamma. Un vasto appezzamento (36 ettari) tra Sila e mare, molto argilloso, coltivato già negli anni ’60: il padre di Lidia, un ingegnere appassionato di agricoltura, allevava vitigni tipici del luogo insieme ad altre varietà. E alberi da frutto, compreso un uliveto. «Tra Sangiovese e Gaglioppo qui c’era di tutto – ricorda Lidia – per questo ho dovuto selezionare le viti, prediligendo quelle autoctone». Nonostante il disappunto della famiglia, l’imprenditrice calabrese studia Agraria a Bologna: il liceo classico frequentato a Cosenza non la spinge verso studi umanistici. Lavora nell’entroterra emiliano come tecnico per un’associazione di produttori agricoli, redigendo piani di concimazione, stabilendo tecniche di potatura e innesti. Ma agli inizi degli anni Novanta vuole tornare: la “saudade” è irresistibile.
Tradizione, innovazione e vendemmia notturna
Lidia è un’agronoma esperta e tutte le competenze acquisite a Bologna («compresa quella di girare i tortellini sul mignolo», dice scherzando) le rivolge alla sua tenuta. Fa parte di quel 30% di donne che guida in Italia aziende vitivinicole (sono 115 mila e il 70% produce vini Doc o Docg), mostrando un profondo attaccamento alla terra e alle proprie radici. Lidia si insedia e rinnova i vigneti e gli impianti, acquista attrezzature, ristruttura i fabbricati. E’ una rivoluzione che conduce con determinazione ed entusiasmo: per la selezione dei vitigni ricorre alla microvinificazione, una tecnica propria dei centri di ricerca, che lavora su piccoli volumi. Di fatto una simulazione, che consente di scegliere le viti da propagare e di valutare l’attitudine enologica dei vitigni.
Qui è ammessa tutta la tecnologia possibile, purché si rispetti l’uva – puntualizza Lidia Matera – per questo, ad esempio, la raccogliamo di notte, vogliamo che arrivi fresca in cantina. Anche questa è una scelta tecnica». La vendemmia notturna infatti, tra i 18 e i 20 gradi di temperatura, evita la fermentazione dell’uva durante il trasporto, consentendo poi un raffreddamento più rapido (e dunque un considerevole risparmio energetico) prima della pressatura, ideale a 10, 12 gradi per mantenere intatto il patrimonio aromatico delle uve. Sulle viti vengono eseguiti 44.000 interventi di sfogliatura, sull’uva le analisi sensoriali più accurate. Anche sull’odore delle bucce, la consistenza della polpa, il gusto dei vinaccioli, «che mi dice che la pianta è pronta quando hanno il sapore del cioccolato».
Donna imprenditrice contro i pregiudizi
La mentalità del posto è stata a lungo ostile a Lidia: «Una donna imprenditrice qui viene difficilmente considerata come un caposquadra», spiega. Ma non si è mai arresa: «Quando mi dicevano che quello che chiedevo io non si poteva fare, li mettevo di fronte all’evidenza: facevo tutto da sola, pretendendo però che mi guardassero». Dopo la morte del padre, ha formato un nuovo team e ora tutti le riconoscono il ruolo. «In 20 anni siamo passati da 8mila a 80mila bottiglie, pochi dipendenti fissi, molti stagionali, in genere sempre gli stessi. Siamo ancora piccoli, ma non vogliamo sacrificare la qualità del prodotto. Ho contenuto i prezzi e scelto le bottiglie più belle: volevo che il mio vino fosse bevuto, circolando nelle enoteche e nella media e alta ristorazione». Adesso i suoi rossi Teodora (Nerello cappuccio e Mascalese 100%, invecchiato in barrique per 24 mesi), Cariglio, Alarico (Nerello cappuccio e mascalese 100%, 5 mesi in barriques), Ipazia, il rosato Donn’Eleonò (Nerello 50%, Magliocco 50%) e il bianco Santa Chiara (Greco 100%), sono apprezzati al Nord e anche all’estero.
Premi internazionali e un sogno per il futuro
E ricevono premi internazionali e menzioni d’onore: Alarico 2012 è stato Second Best Red Wine alla rassegna “Sense of Wine” di Roma; Cariglio 2010 medaglia d’argento al Concorso Mondiale di Bruxelles; Teodora 2010 miglior vino rosso d’italia secondo l’esperto Luca Maroni; Santa Chiara 2010 Encomio particolare al Decanter World Wine Awards del 2012, per citarne solo alcuni. Una grande soddisfazione per una donna che ha fatto della propria azienda una ragione di vita: «Sono fiera del mio percorso. E’ stata una scelta d’amore verso un progetto che condividevo con mio padre. Ho avuto il coraggio di sognare come lui mi ha insegnato». Lidia oggi è una donna di successo, piena di amici che raduna ogni domenica intorno alla sua tavola. Dicono che la sua cucina sia insuperabile, perfetta fusion emiliano-calabrese. «Sono una donna felice – ammette – ma lo sarò ancora di più quando vedrò i miei nipoti, che vivono e studiano a Bologna, dedicarsi con amore a questa terra».
Fonte:  http://food24.ilsole24ore.com/
Filippo Franchini

martedì 4 agosto 2015

Costa da’ Posa di Volastra Doc - Cantina Cinque Terre

Azienda:            Cantina Cinque Terre
Vino:                 Costa da’ Posa di Volastra Doc - VQPRD
Vitigni:              Bosco 70%, Albarola 20%, Vermentino 10%
Anno:                2014
Gradi:                13°
Fermentazione: Fermentazione a temperatura controllata in vasche di acciaio inox 
Affinamento:     Circa cinque mesi sui propri lieviti

Molto spesso sentiamo parlare di “viticoltura eroica” ma in questo lembo d’Italia che tutto il mondo ci invidia, è diventata un vero e proprio stile di vita, una battaglia tra uomo e natura per “rubare” anche piccoli pezzi di terra dove coltivare vite nel pieno rispetto dell’ambiente e della natura circostante. Lo splendido ed emozionante palcoscenico è quello delle Cinque Terre, dove uomo e natura hanno trovato il giusto compromesso dando origine a vini dai sapori, dagli aromi sicuramente inconfondibili. La conformazione di queste straordinarie colline che si affacciano a picco sul mare, riescono ad esaltare le caratteristiche dei tre vitigni principe di questa zona; Il Vermentino, il Bosco e l’Albarola da cui si ottengono vini dalle diverse caratteristiche ognuno dei quali espressione della zona (chiamiamola pure particella) di produzione. La descrizione di questo meraviglioso paradiso, preferisco lasciarla a chi ogni giorno lotta con le avversità del clima, del terreno degli agenti atmosferici, ma che con amore e devozione riesce a portare sulle nostre tavole prodotti di alta qualità.


I vigneti sono piantati nelle caratteristiche terrazze create con terreno di riporto e sostenute con muri a secco costruiti dall’uomo con un lavoro secolare. Essi arrivano ad un’altezza massima di un metro e talvolta anche solo si cinquanta/sessanta centimetri dal suolo, i pergoli sono così protetti dall’inclemenza dei venti primaverili. Il terreno facilmente permeabile all’aria marina, al calore ed all’acqua. Il clima mite al riparo dai rigori settentrionali. La felice esposizione al sole e le pietre stesse dei muri a secco riflettono il calore dei raggi solari così da accelerare la maturazione delle uve. Tutti questi ingredienti, insieme all’opera dell’uomo, rendono leggendaria la fama del vino delle Cinque Terre…”

La Cooperativa Agricoltura Cinque Terre conta trecento soci coltivatori, operando in senso comunitario per il mantenimento e la protezione di questo incantevole paesaggio e per la valorizzazione del vino delle Cinque Terre. Il vino che ho avuto il piacere di degustare è il frutto di vinificazioni separate provenienti da alcune zone storiche da sempre ritenute di particolare vocazione, prendendo in gergo il nome di vini delle “Coste”. Ve ne sono di tre zone: Costa de Campu di Manarola, Costa de Sera di Riomaggiore e appunto il nostro Costa da Posa di Volastra. Questi tre diamanti rappresentano il risultato di un’attenta selezione delle uve esaltando i vari microclimi e la diversità del terreno stesso.
Di colore giallo paglierino dai bellissimi riflessi verdognoli, questo bland già dalle prime olfazioni stupisce per finezza ed eleganza. Tanti profumi avvolgono delicatamente il naso. Fiori di campo, acacia, ginestra, sono i primi ad essere avvertiti seguiti poi da netti sentori di frutta tra cui limone e pompelmo. Ma quello che più colpisce in questo articolato bouquet è la sensazione di iodio, di sale marino, di minerale, che di fatto caratterizzano questo meraviglioso vino. Profumi molto persistenti e gradevolmente amalgamati. Anche alla gustativa non tradisce. Di buona struttura generale, acidità e sapidità rappresentano le vere e proprie caratteristiche di questa bottiglia. Il vino sembra davvero essere “saporito” e la netta spalla acida ne fa apprezzare tutta la sua freschezza, lasciando la bocca piacevolmente pulita e pronta per berne un altro bicchiere. 

La chiusura leggermente amara completa questa fase di degustazione. In retro-olfattiva le note “di mare” tornano prepotentemente alla ribalta e la mineralità di questo vino esplode in tutto il suo splendore. Sicuramente persistente lascia una nota molto saporita sulle labbra. Con quale piatto abbinare questa particolare bottiglia di vino? Abbiamo detto che siamo di fronte a tanta acidità e sapidità, buon corpo, accompagnato da un discreto grado alcolico. Sicuramente eviterei pietanze con il pomodoro e cotture al sale. Proviamoci una bella frittura mista di pesce oppure un bel branzino al forno accompagnato da tante erbette aromatiche per rendere più sfizioso il piatto. Mi raccomando la temperatura di servizio. Servitelo a 8°C ne apprezzerete tutte le caratteristiche sopra descritte. 

Filippo Franchini

martedì 28 luglio 2015

Intervista a Marzio Berrugi. Signore del vino e non solo.

Buongiorno Marzio. Sono felice ed onorato di ospitarti in questa mia piccola rubrica. Personaggio di indiscussa statura professionale e profondo conoscitore di vino e non solo. La domanda di apertura che faccio a tutti i miei ospiti, chi è Marzio Berrugi?

Una persona attenta a ciò che lo circonda, curiosa sempre di nuove vie: poco incline alle consorterie, alle cordate , insofferente verso coloro che si ritengono superiori e che tentano di imporre le loro verità appiccicose spesso basate sul niente. Talvolta non riesco a dissimulare il mio compatimento e vengo perciò escluso dalla schiera dei reggicoda. Ma non è un problema.


Uomo di mare, quanto ha influito Rosignano nella formazione del tuo carattere?

Molto, sopratutto mi ha insegnato la pazienza. Mi spiego: quando sei a pesca mai pensare di essere superiore alla preda perché sei umano, prima cerca di capirla mettendoti nei suoi panni, poi e solo allora sfrutta la tua umanità per catturarla. Ed anche prudenza, il mare può essere una gran brutta gatta da pelare, va rispettato.

Tanta esperienza, professionalità e capacità  ma soprattutto tanto amore per il vino, che ne pensi della produzione biologica e biodinamica? Solo moda o rappresenta seriamente la nuova frontiera?

Non sono molti coloro che riescono nella prima pochi nella seconda. Apprezzabile la biologica per il minor carico “tossico” che viene riversato sulla pianta e sul terreno con evidente beneficio per chi verrà; diventa pretestuosa quando viene invocata a giustificare  evidenti carenze strutturali. La dinamica richiede robusta scuola e lungo apprendistato, pullula di cialtroni poco più alti del mago Otelma che raccontano, imperturbabili, gigantesche sciocchezze contando sulla ignoranza della platea (o del gregge,non so).Dalle mie parti c'è un'azienda, Caiarossa, che applica il metodo in maniera impeccabile, con splendidi risultati:l'enologo è francese ed ha fatto tanta gavetta in patria. 

Molti Sommelier (tra cui il sottoscritto) vedono in te una modello da seguire, com’è cambiata la FISAR dei tuoi inizi a quella attuale?

Sarebbe sciocco mettersi a lodare il tempo passato: certo, prima i reggenti avevano le mani meno appiccicose, pensavano prima alla Fisar che al loro particolare (uno per tutti il compianto Presidente Nardi). Era però una Fisar più dilettantesca, generosa e talvolta sprovveduta che ha fatto entrare e salire fior di pescecani. Oggi il quadro è più strutturato, la visibiltà  molto più alta, ci sono tentativi di darsi assetti più moderni anche se il rischio di affogare nelle disposizioni, negli albi, nelle sigle e negli incapaci rimane alto.

Ad un giovane che si avvicina al mondo del vino, dei distillati oppure delle birre, quali consigli daresti? Quali percorsi raccomanderesti?

Usar il proprio cervello, tenersi aggiornato senza dar per scontato nulla, evitar di bere le etichette e le classifiche che affliggono questo nostro mondo. Umiltà nell'ammettere le cantonate, senza auto assoluzioni, non aver paura delle proprie opinioni anche se hai davanti un sapientone che non ammette obiezioni e che si inerpica su termini astrusi per sfuggire alla verità. Non accettare verità calate dall'alto.

Torniamo alla Federazione di cui entrambi facciamo parte. Senza peli sulla lingua com’è nel tuo stile e nel tuo carattere, che ne pensi di quanto successo in FISAR?

A nemico che scappa ponti d'oro, specialmente se ha restituito ipad e benefit di cui godeva. Ma nessuno se n'era accorto? Tutti innocenti?Ha fatto tutto da solo?

Molto spesso nei nostri incontri ne abbiamo parlato, ma tu Marzio che tipologia di FISAR vorresti? Quali sono le parti profondamente da cambiare e quelle da consolidare?

Ancor prima della tipologia mettiamoci d'accordo su una parola “ etica “.  Comportamento, rispetto delle regole, rispetto dei soci, trasparenza di gestione, elezioni reali. Ma è democrazia il gioco delle deleghe che di fatto esautora il socio del suo diritto sovrano di decidere chi votare, affidando il proprio voto, non la propria scelta, ad altri che a sua insaputa compravendono? Si riduca almeno il numero delle deleghe anche dando una occhiata a quali carciofi esse hanno giovato. Non credo che i vecchi PC e DC abbiano fatto una bella fine quando hanno basato il loro essere su questi giochini.

Nei tuoi anni di insegnamento, quali sono stati i momenti che ricordi con più piacere, con più soddisfazione e perché?

Insegnare è sempre un bel momento che si rinnova ogni annata. Quando però esamini un candidato, mi capita sempre più di rado, e ti accorgi che ragiona giustamente con gli elementi che hai fornito tu a lezione, beh allora riesco ad emozionarmi e penso che il gioco valga la candela.

Hai qualche rimpianto, qualche sogno ancora nel cassetto, obiettivi da raggiungere?

Una Fisar splendida nei suoi docenti sempre in grado di fornire le risposte alle domande poste o solo pensate da chi li ascolta.

Non voglio approfittare della tua estrema gentilezza e disponibilità. Come consueto chiudo questa serie di domande paragonando il mio ospite ad un personaggio famoso. Personalmente ti ho paragonato al Capitano James Cook noto esploratore, navigatore e cartografo. Marzio Berrugi a quale personaggio vorrebbe essere paragonato e perché?

A Giovannino Seme di Mela, personaggio del folklore nordamericano che si vuole abbia percorso in lungo ed in largo quella nazione lasciando dietro di sé una scia di semi che nel tempo diventarono alberi ricchi di pomi dai mille sapori.

Filippo Franchini


martedì 14 luglio 2015

Sauvignon Friuli Colli Orientali Doc - Azienda Agricola Petrucco

Azienda:             Azienda Agricola Petrucco
Vino:                  Sauvignon – Friuli Colli Orientali Doc
Vitigni:               Sauvignon 100%
Anno:                 2014
Gradi:                 13°
Fermentazione: Pressatura soffice, fermentazione a temperatura controllata tra i 17° e 20°C
Affinamento:     Sui suoi lieviti per 7 mesi

Nel cuore dei Colli Orientali del Friuli nasce l’Azienda Agricola Petrucco dove la Sig.ra Lina ed il Sig. Paolo, proprietari dell’azienda, producono i loro vini. Siamo a Buttrio in Monte (UD) dove i tipici terrazzamenti accolgono i vigneti da tempi immemorabili. Con le sue colline di origine oceanica ed una composizione principalmente marnosa, la zona accoglie molte varietà di uvaggi, trovando nel Sauvignon, vera e sincera espressione del territorio. E’ proprio la caratteristica del territorio a marcare i vini prodotti in questa zona, dove ottima esposizione dei vigneti e tanto sole, danno risultati eccellenti. La produzione dell’azienda conta su circa 80 mila bottiglie annue ognuna delle quali riesce a raccontare una storia particolare che si perde nella notte dei tempi.
Di colore giallo paglierino con delicati riflessi verdognoli, questo Sauvignon in purezza offre un bouquet olfattivo di prim’ordine. Molto persistente l’aroma di vegetale dove la foglia di fico, peperone e pomodoro, prevalgono su tutto. Delicati sentori di frutta a bacca bianca e soprattutto salvia completano una gamma olfattiva fine e decisamente elegante. Anche alla beva il vino non è da meno. Di buona struttura generale, colpisce per freschezza, acidità e sapidità. Non fatevi ingannare da questa stupenda nota dura. Questo Sauvignon risulta avvolgente, morbido, che rendono il vino sufficientemente equilibrato leggermente sbilanciato (ed è una caratteristica davvero intrigante) sull’acidità. La chiusura è leggermente amarognola lasciando una bocca asciutta e ben bilanciata. Davvero interessante la nota minerale che si avverte in retro-olfattiva, il tutto a testimonianza che siamo di fronte ad una bottiglia molto elegante, che sa vestirsi del suo abito da sera più importante.
Avendo parlato di eleganza (e questo Sauvignon ne ha tutte le prerogative) consiglierei per l’abbinamento pesci altrettanto eleganti e delicati. Provatelo con aragosta, astici oppure scampi. Visto l’ importanza della sua gamma olfattiva, cercherei di accompagnare questi piatti di pesce con salse altrettanto aromatiche, raccomandando di far prevalere sempre l’eleganza! Concludete il tutto servendo questa bottiglia di vino ad una temperatura non superiore agli 8°. Mare, sole ed il giusto locale faranno il resto!

Filippo Franchini

giovedì 9 luglio 2015

Certaldo... Un "bicchiere" di Francia

In una calda serata di inizio estate, nell’ incantevole scenario di Certaldo Alto, ospiti di Vanessa, proprietaria dell’ Osteria da Chichibio, non poteva mancare una verticale di Pinot Noir provenienti della Borgogna e più precisamente dalla zona di Pommard. Ideatore e conduttore della serata l’enologo Francesco Villa, già Sommelier dell’anno FISAR 2013, il quale ci ha condotto in questo viaggio attraverso i vigneti di Pommard situati nella fascia centrale della Cote de Beaune in Borgogna. E’ vero, più famosa per i vini bianchi (vedere la zona dei comuni di Puligny e Chassagne dove il Montrachet è quasi una religione), fatto eccezione per alcune zone dove vengono prodotti grandi ed eleganti vini rossi da Pinot Noir. Pommard appunto fa parte di questa eccezione. 


Con i suoi 211 ettari di terreno vitato, la zona non ha Grand Cru ma solo Premier Cru che comunque si fanno ottimamente apprezzare per carattere, eleganza e potenza, senza nulla invidiare a fratellini maggiori. Un terreno molto diversificato che di fatto ne caratterizzano la morfologia. Dal calcare all’argilla, dalla Oolite ferrica alla ghiaia (sottoforma di veri e propri ciottoli) Pommard diversifica molto la sua costituzione territoriale dando in ogni zona vini diversi, particolari ma ben riconoscibili.  Vini dalle caratteristiche ben definite: grande struttura, molto tannino ed estratto, adatti ad un lungo invecchiamento. Il lungo affinamento in bottiglia è l’arma vincente per questa tipologia di vino che trovano nel bouquet olfattivo un altro straordinario alleato.
Con i suoi 10 ettari vitati, tutti intorno a Pommard, Domaine de Courcel,  è stato il protagonista della serata, dando origine a ottimi spunti di riflessione e discussione, che hanno portato gli intervenuti a conclusioni molto simili variando solo in piccole sfumature a cui ogni bottiglia di vino inevitabilmente conduce. Questo produttore, pardon, Vigneron, è uno dei pochi in Borgogna ad essere certificato biologico, mettendo grande cura e passione nel trattamento delle proprie uve. Grandi cernite sia in vigna che in cantina, macerazioni molto lunghe con la presenza dei raspi, vini non filtrati ne chiarificati, che subiscono soltanto uno o due travasi. Lunghi affinamenti in legno in torno ai 18/22 mesi. Queste le principali caratteristiche di Domaine de Courcel che di fatto produce 35.000 bottiglie.

I vini di questa particolare verticale, vengono prodotti con uve (Pinot Noir) di un singolo Premier Cru chiamato Les Grand Epenots  dove la particolarità del terreno (qui una miscela di argilla, calcare, Oolite ferrica e ciottoli) caratterizza in modo netto questo prodotto.

Di seguito i vini degustati.

Domaine De Courcel - POMMARD - Grand Clos Des Epenots Premier Cru 2007 – gradi 13,5°
Il 2007 non è stata una grandissima annata. Il vino si presenta limpido, poco trasparente di colore rosso granato intenso. Schietto, mediamente fine. Buon bouquet olfattivo dove prevale un profumo di frutta rossa matura, seguita da note di tabacco, cuoio e spezie. In bocca il vino non è molto fuso, prevale un tannino verde ed una chiusura piuttosto amara. Di poca persistenza.

Domaine De Courcel - POMMARD - Grand Clos Des Epenots Premier Cru 2006 – gradi 13,5°
L’annata 2006 è la classica annata che piace molto ai Vignerons ma poco ai giornalisti. Il vino si presenta limpido, poco trasparente di colore rosso rubino intenso con riflessi granati. Profumi freschi di frutta a bacca rossa, chiodi di garofano e spezie. Alla beva presenta una buona acidità e tannicità che si fondono elegantemente insieme. Di buona struttura generale e buona persistenza.

Domaine De Courcel - POMMARD - Grand Clos Des Epenots Premier Cru 2004 – gradi 13,5°
Il vino si presenta limpido, poco trasparente di colore rosso rubino intenso con delicati riflessi granati. Bouquet olfattivo che ricalca le annate precedentemente degustate, anche se siamo in presenza di un profumo un po’ meno elegante e fine. Alla beva il vino è ancora scomposto nelle sue varie parti. L’affinamento in bottiglia non potrà che migliorare questo prodotto.

Domaine De Courcel - POMMARD - Grand Clos Des Epenots Premier Cru 2003 – gradi 13,5°
La 2003 è stata un annata calda, e questo particolare lo si denota anche nel vino. Di colore rosso rubino intenso con unghia decisamente di colore granato, l’aroma di frutta matura direi “marmellatosa” è sicuramente predominante. Ma non c’è solo questo. Una fine speziatura ed una marcata mineralità completato il bouquet olfattivo. Buona la struttura generale, come l’acidità e la tannicità. Attacco di bocca molto morbido, ruffiano. Unico neo di questo vino è di lasciare la bocca leggermente polverosa.

Domaine De Courcel - POMMARD - Grand Clos Des Epenots Premier Cru 2001 – gradi 13,5°
La 2001 è stata una buona annata caratterizzata da primavera fresca e piovosa ed un estate giustamente calda. Di colore rosso granato intenso, il vino è schietto e fine. Spiccano profumi di frutta rossa sotto spirito, gradevole speziatura, rosa rossa appassita. Alla gustativa è molto interessante. Buona struttura generale, ottima la fusione tra le parti morbide /dure vino equilibrato, elegante e di buona persistenza.


Domaine De Courcel - POMMARD - Grand Clos Des Epenots Premier Cru 1999 – gradi 13,5°
Annata quella del 1999 decisamente molto buona. Ci aspettavamo grandi cose da questo vino ed infatti non siamo rimasti delusi. Nonostante i suoi anni (ben sedici) il colore è ancora di un bel rosso rubino intenso con splendidi riflessi granati. Colpisce per la freschezza sia olfattiva che gustativa. Se al naso profumi come la frutta rossa, speziatura, floreale, balsamico sono nettamente riconoscibili, fini ed eleganti, l’armonia che si forma alla beva è davvero intrigante. Ottima la struttura generale, l’eccellente fusione delle sue parti lo rende davvero un bel cavallo di razza. Tutte le componenti sono al loro posto. E guardate che questo vino ha ancora lunga vita in bottiglia! 

Filippo Franchini